Parole sagge, essenziali perché si riferiscono a un diritto fondamentale: la salute, condizione umana imprescindibile di un Paese democratico e civile.
La tutela e la salvaguardia della salute – non solo come bene individuale ma come valore e bene comune – sono state messe a dura prova durante la pandemia. Il Covid ha portato a galla le falle del sistema sanitario, specialmente in Regione Lombardia. La più grande di queste falle è risultata essere l’assistenza medico-sanitaria pubblica territoriale, di fatto distrutta da anni di politica sanitaria che ha privilegiato l’ospedalizzazione, quindi le strutture ospedaliere, in particolare private, che tuttavia non hanno saputo dare nel frangente della pandemia la risposta necessaria.
Dalla salute quindi si deve ripartire. Il piano sanitario per spendere i sette miliardi del Recovery Found punta proprio a questo: costruire la medicina di prossimità, con la realizzazione di una rete socio-sanitaria di comunità dalla parte del cittadino. Il nodo cruciale del nuovo assetto saranno le “Case della Comunità”, che riuniranno in una sola struttura di zona medici di famiglia, specialisti, infermieri, assistenti sociali, macchinari e strumenti per la diagnostica e per cure e prestazioni essenziali, lasciando alle grandi strutture ospedaliere l’alta specializzazione.
Un tale assetto non può quindi prescindere da una rete territoriale dove i Comuni hanno non solo voce in capitolo ma anche funzione propulsiva. Riteniamo che l’integrazione socio-sanitaria sia un obiettivo strategico di oggi e degli anni a venire e che in tal senso i Comuni debbano mettere in campo la loro conoscenza del territorio, le competenze sociali derivanti dalla funzione socio-assistenziale che compete loro, gli strumenti di servizio sanitario al cittadino e di prevenzione quali le Farmacie pubbliche, le RSA, le reti di solidarietà locale, le collaborazioni coi medici di famiglia, per costruire insieme un “sistema salute” veramente degno di un grande Paese come l’Italia.